Blog vom Frauenmuseum Il Blog del Museo delle Donne
Frauenmuseum | Museo delle donne

Franscesca Schir

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“…cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Italo Calvino, ne “Le città invisibili”

La Donna del mese di maggio é Francesca Schir, poliziotta alla Digos, professoressa, psicologa, musicista e politica.

Potresti presentarti brevemente?

Sono nata a Bolzano, ma ho vissuto sempre a Merano, cullata e rassicurata dalle montagne e da un’infanzia serena, da una famiglia affettuosa e presente che mi ha insegnato tanto: a fare le cose con impegno, ad essere generosa e attenta. Ma anche cose pratiche: mio papà era fabbro e perciò ho imparato a saldare, ad occuparmi di aggiustare le cose che si rompono invece che buttarle. Dalla mamma ho imparato che la tavola si può sempre allungare e fare posto a qualcuno, a raccontare e a raccontarmi, ad approfondire. Ho imparato l’amore per le storie e per il profondo. La sua domanda di rito era: “e poi?” Come per spingermi ad andare oltre, a non rimanere in superficie. Credo di essere diventata quello che sono grazie a questo potermi sperimentare che è stata la cifra di tutto il mio percorso evolutivo.

Hai fatto studi di interesse e svolto vari lavori, che potevi scegliere tu?

Il mio percorso di studio e quello professionale sono stati vari, stimolanti e sempre liberi, anche perché ho cominciato a lavorare a tempo pieno appena maggiorenne. Però ho sempre potuto scegliere, per fortuna, secondo le mie inclinazioni e passioni. Mi sono iscritta a lettere moderne con indirizzo psico-pedagogico e, mentre studiavo, ho iniziato a insegnare italiano come seconda lingua nelle scuole tedesche in tutto l’Alto Adige, a Prato allo Stelvio, Tesimo, Corces, Laces, Santa Valburga, San Pancrazio, anche alle scuole serali. La precarietà mi ha spinta poi ad iscrivermi ad alcuni concorsi, fra cui quello per la Polizia di Stato, che vinsi. Ho lavorato per il Ministero dell’Interno, alla DIGOS, per circa 10 anni. Anni indimenticabili e intensi, molto formativi. Dopo la laurea, ho lasciato la Polizia e ho lavorato poi come pedagogista all’Associazione “La Strada- Der Weg” e poi, una volta abilitata, ho insegnato per tanti anni materie umanistiche alle scuole superiori, con grande soddisfazione, sentendomi sempre a casa, occupandomi dei temi e degli aspetti che più mi stanno a cuore. Ho, deciso, poi, di studiare psicologia clinica, per avere nuovi strumenti utili, per me stessa e anche per il mio lavoro. Poi ho voluto approfondire con un dottorato di ricerca in Pedagogia, ottenuto nel 2021 e con la scuola di specializzazione in psicoterapia, che ho concluso da poco. Ora sono ricercatrice all’Università di Bolzano, mi occupo di tutela dei minori. È un campo molto interessante nel quale ancora c’è molto da fare: proteggere i diritti dei più piccoli significa costruire le basi di una società più giusta, equa e attenta. È un lavoro spesso complesso, ma fondamentale per garantire dignità e futuro a chi rappresenta una delle parti più vulnerabili della comunità. Oltre a ciò, sono la Presidente dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi della Provincia di Bolzano, nonché la Segretaria del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli psicologi a Roma.

Hai due cani, vuol dire che hai anche passione per animali, anche se è un impegno?

Sì, ho due bellissime e dolcissime cagnoline: ho cani da quando sono una ragazzina. Prima erano, però, cani della famiglia. Scegliere e decidere di prendere un cane “mio” è stata una delle prime decisioni quando sono andata a vivere da sola. I cani per me rappresentano molto più di un semplice impegno quotidiano: sono una vera passione. In realtà amo e rispetto profondamente tutti gli animali e mi impegno per la loro tutela. Ho sempre sentito un legame speciale con loro. Vivere con due cani significa organizzare le mie giornate anche in funzione delle loro esigenze, ma non lo considero un peso, anzi. Ogni momento passato con loro mi regala qualcosa: dal semplice entusiasmo con cui mi accolgono quando rientro a casa, alla tranquillità che trasmettono quando sono accoccolati vicino a me. È vero che richiedono tempo, cure e dedizione, ma per me tutto questo fa parte di una scelta consapevole e sincera. Prendersi cura di un animale significa assumersi una responsabilità importante, ma allo stesso tempo si viene ripagati da un affetto incondizionato e da una compagnia che rende la vita quotidiana più ricca e significativa. I miei cani sono parte della mia famiglia, e non riesco a immaginare la mia vita senza di loro.

Tu vivi a Merano e ti sei interessata nella politica locale. Cosa era la spinta di candidarti e guardando indietro, è stata una buona esperienza?

La passione politica la coltivo fin dai tempi della scuola: già allora ho sentito forte il desiderio di provare a cambiare ciò che ritenevo ingiusto e di farmi portavoce delle esigenze comuni. Questo spirito mi ha portata, nel tempo, a ricoprire ruoli di rappresentanza: rappresentante di classe, poi d’Istituto, fino ad arrivare – poco più che maggiorenne – a sedere in Consiglio comunale a Merano, con il Programma Chistè. Claudia Chistè fu la prima donna Sindaca e ci ha lasciato un’impronta culturale ancora viva, e – per me – fare politica con lei ha significato imparare “un metodo”, quello del confronto e della partecipazione, che dovrebbe essere alla base di ogni attività volta al Bene Comune. La mia esperienza più intensa e formativa è stata, anni dopo, con il Movimento 5 Stelle. Mi ci sono avvicinata quando rappresentava e portava avanti i temi anche a me più cari: acqua pubblica, ambiente, mobilità sostenibile, sviluppo e connettività. Si parlava di Parlamento pulito, di giustizia sociale, di una politica diversa, più vicina ai cittadini. Di diritti civili. Con il Movimento sono stata eletta in Consiglio comunale a Merano, diventando la prima donna a presiedere il Consiglio e, per la prima volta in assoluto, eletta all’unanimità. Un’esperienza straordinaria, che rifarei senza esitazioni. Scelte professionali e delusioni politiche, come ad esempio il tentativo, sempre osteggiato, di costruire un vero partito interetnico e non solo di facciata, ma anche la percezione sempre più chiara che, nel contesto attuale, solo le persone facoltose o già “potenti” possano realmente incidere sulla politica, mi hanno progressivamente allontanata. La presenza pervasiva delle lobby, soprattutto a livello locale, evidenzia sempre di più come gruppi di potere economico influenzino direttamente le scelte pubbliche. Le decisioni politiche sembrano rispondere più a interessi privati che al bene comune, erodendo la fiducia dei cittadini e contribuendo a un crescente senso di impotenza collettiva. Non ho perso però la passione per la politica, nonostante la difficoltà e la crescente delusione. Sono convinta che essa sia uno strumento di emancipazione e giustizia, necessaria.

Sappiamo che sei attuale presidente dell’Ordine degli psicologi – cosa era lo scopo di poter avere questo nuovo ruolo e ci sono possibilità di sviluppare ulteriormente qualcosa nel settore degli psicologi? 

Sono stata recentemente rieletta Presidente dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi della Provincia di Bolzano e a metà aprile, componente del direttivo del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli psicologi a Roma. Si tratta sempre di politica, per questo dico di non aver perso la passione. Ho deciso di mettermi a disposizione in questo nuovo ruolo perché ritengo che la necessità di occuparci di benessere e salute mentale sia sempre più stringente e non solo nei contesti clinici o di emergenza. La crescente complessità della vita moderna, le sfide sociali, ambientali, economiche, educative e relazionali hanno reso la psicologia una risorsa fondamentale per il benessere individuale e collettivo. Spero, quindi, attraverso la politica professionale, attraverso la mia nuova carica nazionale per l’Ordine degli Psicologi, di riuscire a portare sempre di più all’attenzione dei cittadini e delle istituzioni l’importanza del benessere psicologico, attraverso iniziative come, ad esempio, l’introduzione dello psicologo di base e dello psicologo scolastico a livello nazionale, indispensabili, rispettivamente, per garantire un livello di assistenza adeguato e accessibile a chi è alle prese con un disagio psicologico e per supportare studenti, famiglie e docenti a scuola.

Da dove prendi l’equilibrio e la forza del suo lavoro?

Ho iniziato l’intervista scrivendo che mi è stato insegnato a fare le cose con impegno. Forse questo modo di agire mi ha sostenuta nello sviluppo del mio percorso e mi ha consentito di mantenere l’equilibrio anche quando tutto sembrava andare a rotoli. Sono radici profonde: la fiducia che mi è stata accordata dalla mia famiglia d’origine certamente ha avuto e ha un peso nel mio processo, nella capacità di accogliere il cambiamento senza perdere il centro. Credo che la forza del mio lavoro nasca però anche dall’ascolto profondo delle persone, del contesto e dei miei desideri. Sono molto curiosa e desiderosa di imparare cose nuove. Anche questo è un tassello importante, così come lo sono anche i legami forti e solidi costruiti nello scambio reciproco, la disciplina, la determinazione, la preparazione. Trovo forza ed equilibrio nei legami sinceri, nell’amore della mia compagna, nel sostegno costante e certo di mia sorella, degli amici e delle amiche di sempre, nell’idea che ogni passo, anche il più piccolo, abbia un senso se mosso con intenzione. E nella musica, che per me è salvezza e sfogo, emozione e soddisfazione. È lì che “tutto si tiene”: nell’armonia tra ciò che mi muove dentro e ciò che costruisco fuori.

Sei una femminista e ti impegni a difendere le disuguaglianze e le differenze?

Sì, mi sento femminista, e lo dico con convinzione. Per me, il femminismo è un impegno quotidiano per l’equità, la dignità e la libertà di tutte le persone, a partire dal riconoscimento e dalla lotta contro qualsiasi forma di discriminazione e d’ingiustizia, a partire dalle disuguaglianze di genere, che sono ancora molto presenti nella nostra società. Ma è anche un modo per valorizzare le differenze, non come motivo di discriminazione, ma come risorsa e arricchimento reciproco. Per me, essere femminista significa costruire ponti e strumenti per un cambiamento reale, profondo e duraturo che metta in discussione tutti i sistemi, luoghi e spazi basati su relazioni di dominio. Nella pratica, mi impegno e sono componente del Comitato Pari Opportunità nazionale dell’Ordine degli Psicologi che nasce proprio da questa visione: creare contesti più equi, più inclusivi, dove le voci e le esperienze diverse possano emergere e trovare spazio con l’intento di promuovere politiche di pari opportunità nell’accesso, nella formazione e nella qualificazione professionale, nella prevenzione, contrasto e rimozione dei comportamenti discriminatori sul genere e su qualsivoglia altra ragione e ogni ostacolo che limiti di diritto e di fatto la parità e l’uguaglianza sostanziale.

Quali sono i suoi modelli femminili, che ti inspirano?

Molte donne nella mia vita sono state un modello importante per me, a partire dalla mia mamma, che mi ha lasciato troppo presto. Un modello sicuramente importante è Michela Murgia che, nel pensiero e nell’eredità culturale rappresenta per me un esempio femminile e femminista profondo e complesso, capace di intrecciare la riflessione teorica con l’attivismo culturale e politico. Il suo femminismo non era soltanto un’etichetta, ma una pratica quotidiana, intellettuale e politica, portata avanti con parole chiare, anche ironiche, ma potenti. Riconosco nelle sue battaglie un valore importante che condivido, da quella per rimuovere la visione della dona „accudente per natura”, a quella del diritto a vivere relazioni affettive e di cura al di fuori del modello eteronormato e mononucleare.

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