Questo mese vi presentiamo due donne del mese.
Le abbiamo incontrate nei mesi scorsi durante la preparazione di un nostro progetto sul tema del pane, la migrazione e la tradizione che ci accompagnerà il prossimo autunno.
Si tratta di Natalia Gubina e Victoria Smirnova, due donne ucraine, arrivate in Alto Adige poco dopo lo scoppio della guerra nel loro paese che ora abitano a Lana assieme ad uno gruppo di persone rifugiate come loro.
Sono due donne che nel loro paese avevano una vita stabile con una solida professione qualificata, con tanti anni di studio alle spalle, e che ora in queste loro righe ci raccontano la loro storia, il ieri e l’oggi.
Del loro domani abbiamo cercato di parlare solo con molto tatto, con domande aperte, perché i progetti per il futuro e i sogni sono incerti quando si è in balia, come nel loro caso della politica mondiale.
In una visione di società inclusiva e in continua trasformazione, è prezioso raccogliere e dare spazio alle storie delle persone che vivono con noi il nostro tempo. Non è scontato trovare persone disponibili a raccontarsi, soprattutto se non hanno già un ruolo pubblico, ma è questo che ci affascina delle loro storie, quindi ringraziamo per la disponibilità Natalia e Victoria.
Cara Victoria, puoi descriverti brevenmente e raccontarci un po’ della tua vita prima di venire qui in Alto Adige?
Mi chiamo Victoria Smirnova. Vengo dall’Ucraina. Ho 57 anni.
Sono nata, cresciuta e ho studiato medicina nella bellissima città di Charkiw, nella parte orientale dell’Ucraina.
Ho lavorato per 20 anni nell’ospedale della mia città, poi negli ultimi 10 anni, prima della guerra, ho lavorato come terapista del linguaggio dei segni in un’istituto privato. Aiutavo i bambini con problemi di udito a capire il mondo dei suoni.
Quando hai deciso di lasciare l’Ucraina?
Il 24 febbraio 2022 è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia. Ed è iniziato l’incubo. Charkiw veniva continuamente bombardata perché si trova in una zona a soli trenta chilometri dal confine russo. Molti razzi hanno colpito edifici residenziali e sotto le macerie sono morte molte persone. Un razzo ha poi colpito una casa vicina alla mia e ho deciso di andarmene perché era troppo pericoloso.
Io e mia figlia abbiamo preso una valigia e il gatto e il 12 marzo abbiamo lasciato Charkiw con un treno organizzato per l’evacuazione. Non avevamo un piano ben preciso su dove andare, l’importante era salvarci la vita. Una volta attraversato il confine slovacco, alcuni volontari ci hanno offerto un rifugio in Italia, così siamo arrivate in Alto Adige e a Lana.
Sicuramente per tè è stato un grande cambiamento. Come lo hai vissuto? Come stai ora e cosa ti ha aiutato ad affrontarlo?
All’inizio, appena arrivata in Italia, è stata dura, non capivo né l’italiano né il tedesco. Per me era tutto nuovo, la mentalità della gente, le leggi del Paese e persino i gusti del mangiare.
Ero disorientata e mi sembrava di essere in una situazione simile a quella dei miei pazienti sordi, perché non potevo comunicare ed era a dir poco sconvolgente. Ma già la sera del primo giorno passato in Italia, ho avuto la fortuna di entrare in contatto con persone molto cordiali e disponibili che mi hanno aiutata. Ciò mi ha spinto a imparare l’italiano e a frequentare corsi di pasticceria per adattarmi al più presto alla nuova situazione qui. Posso solo dire di essere molto grata a tutte le persone che mi hanno aiutato, grazie a loro sono riuscita a cambiare radicalmente la mia vita e a imparare una nuova professione.
Ci sono delle donne che ti sono da modello, a cui ti ispiri?
Dopo tutti gli eventi che mi sono accaduti nell’ultimo anno e mezzo, ho capito che nella vita nulla è impossibile, e a qualsiasi età. Basta mettere da parte le paure, porsi gli obiettivi giusti, avere e seguire un desiderio, come fece la scrittrice americana Helen Keller.
Quando Helen aveva un anno e mezzo, si ammalò e perse la vista e l’udito. Smise poi presto di parlare perché non sapeva come comunicare. Quando compì 6 anni, i suoi genitori trovarono un’insegnante che riuscì a insegnarle a leggere e a scrivere. Il processo fu molto lungo, ma Helen voleva a tutti i costi conoscere il mondo e fare amicizia. Nonostante la disabilità, Helen riuscì a completare gli studi superiori fino alla laurea, si sposò e divenne scrittrice, insegnante e attivista per i diritti delle persone più deboli.
Ha vissuto una vita lunga e felice. È stata insignita postuma della Medaglia americana della libertà.
Questa è la storia di una donna determinata che aveva problemi di comunicazione, proprio come me, quando non capivo le persone che mi stavano attorno, perché parlavano una lingua diversa. La storia di Helen mi ispira a essere coraggiosa e a superare tutti gli ostacoli sul mio cammino.
Hai un motto che ti accompagna nella vita?
Negli ultimi tempi ripeto sempre più spesso questa frase:
“Tutto andrà bene!”
E ora è diventato il motto della mia vita.
Hai dei desideri che vuoi realizzare?”
Ho sempre amato viaggiare e anche coltivare fiori. A Lana, dove vivo ora, ho un’intera serra di fiori nella mia stanza.
Mi piace anche cucinare e il mio obiettivo principale oggi è, una volta concluso il corso di pasticceria, diventare una professionista nel mio nuovo mestiere.
La storia di Natalia Gubina segue martedì.