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Im Monat November stellen wir zwei Freundinnen vor, die sich zu Klosterarbeiten – Liebe zu einem alten Kunsthandwerk, gefunden haben.

Könnt ihr euch beide kurz vorstellen?

Mein Name ist Gerti Lechner und ich bin aus Lana. Nach Beendigung der Kaufmännischen Lehranstalt in Meran mit Abschluss als Betriebsbuchhalterin bin ich in das Elektrofachgeschäft mit Fahrrädern und Motorrädern meiner Eltern eingestiegen. Nebenberuflich habe ich die Matura nachgeholt. Nach dem frühen Tod meines Vaters übernahm ich das Geschäft und arbeitete auch in der Werkstätte mit. Damit ich die Mechaniker-Lehrlinge weiterhin ausbilden konnte, wurde ich sogar als Mechanikerin eingetragen. Zur damaligen Zeit, Anfang der 90er Jahre war das nicht selbstverständlich.  Anfang der 2000er Jahre verkleinerte ich mich und hatte nur mehr das Elektrogeschäft in neuen Räumlichkeiten am Gries. 2019 habe ich das Geschäft geschlossen und bin in Rente gegangen. Als Ausgleich machte ich Sport, Skifahren, Bogenschießen, Tennis usw. und bereiste die nahe und ferne Welt.

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La nostra Donna del mese di ottobre é  Marisa Biancheri, nata a Merano nel 1957, che ha lasciato una vita sicura per cercare una profonda esperienza spirituale in India. Vive a Vrindavana, dove si dedica a progetti educativi e umanitari per bambini e bambine in difficoltà, promuovendo l’istruzione e il sostegno materiale attraverso l’associazione Jiva Mission.

Puoi presentarti brevemente?

Mi chiamo Marisa Biancheri, sono nata a Merano nel 1957 da mia mamma Filomena, madrelingua tedesca sudtirolese, e da mio padre Mario, genovese. Ho frequentato la scuola a Merano e, per desiderio di mio papà, ho scelto l’istituto tecnico per il commercio, nonostante la mia naturale inclinazione fosse verso l’arte e la filosofia. Più avanti nella mia vita, questa scelta mi ha spinto a intraprendere una ricerca personale profonda, volta a trovare risposte sui temi della morte e del senso dell’esistenza.

Come sei arrivata alla decisione di andare in India?

Ben presto è nata in me una forte attrazione verso la cultura orientale, al punto da sentire l’urgenza di lasciare il lavoro sicuro come segretaria presso un caro amico di mio padre, la vita confortevole in famiglia e le amicizie. A soli 20 anni mi sono imbarcata in un viaggio interiore alla ricerca di un’esperienza spirituale autentica, che mi permettesse di sperimentare una felicità e un amore puri, una soddisfazione indipendente da oggetti, posizioni sociali o persone. Cercavo una pace interiore che mi appartenesse e che nessuno potesse interrompere o distruggere.

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Im Monat September stellen wir Euch in unserer Rubrik „Frau des Monats“ Renata Sichan vor, für die das Arbeiten mit Naturfasern nicht nur Beruf, sondern vor allem Berufung ist: Durch Zufall zum Filzen gekommen, kreiert sie aus Wolle – aber nicht nur – besondere Einzelstücke, die nicht nur ästhetisch ansprechend sind, sondern die aufgrund der Verwendung von Naturfasern auch positive Auswirkungen auf die Gesundheit haben.

Im folgenden Interview erzählt uns Renata Sichan mehr über ihre Berufung und wo sie dafür noch Potential sieht, aber auch darüber, was ihr Kraft gibt und sie inspiriert.

Hallo Renata, kannst Du Dich bitte kurz vorstellen?

Ich heiße Renata Sichan und bin in der ČSSR geboren. Nach der Grundschule habe ich das Gymnasium besucht und das Abitur im Bereich Bauwesen abgelegt. Meine Mutti war eine sehr strenge Frau und ich habe als Kind im Alter von acht Jahren Stricken, Häkeln, Nähen und Kochen beigebracht bekommen. Dafür bin ich auch unendlich dankbar. Auch meiner Tante habe ich viel zu verdanken: Sie war Hutmacherin und sie hat die Liebe und die Neugier in diese Richtung in mir geweckt.

Was hat Dich dazu bewogen, nach Südtirol zu kommen und zu bleiben?

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Im Monat August stellen wir Euch in unserer Rubrik „Frau des Monats“ eine Frau vor, die einer besonderen Leidenschaft frönt, nämlich dem Kreuzstich. Einst zur Grundausbildung junger Mädchen gehörend, mit der Zeit dann mit Großmüttern und deren häuslichen Tätigkeiten assoziiert, verschwand diese alte Handwerkstechnik zunehmend aus dem Alltag.

Dass Kreuzstich aber viel mehr kann, als romantisch und verspielt zu sein, Präzision und Geduld fordert und der ideale Nährboden für Kreativität sein kann, beweist Almut Surmann, Bibliothekarin in der Stadtbibliothek von Meran, mit ihren Arbeiten.

Im folgenden Interview erzählt uns Almut Surmann ein wenig mehr über ihre Passion, aber auch ihre Gedanken zum Frau-Sein und was ihre Kraftquellen sind.

Kannst du dich kurz vorstellen?

Ich heiße Almut Surmann, Jahrgang 1963, wohne in Bozen und bin bekennende „stickende Bibliothekarin“! Meine Kindheit verbrachte ich in Münster (Westfalen), die Jugend in Bonn. Zunächst habe ich Fremdsprachensekretärin gelernt mit Auslandsaufenthalten in Paris und London. Über den zweiten Bildungsweg folgte Abendabitur und danach ein Fachhochschulstudium Bibliothekswesen in Köln und New York (Fulbright-Stipendium). Eine Ministeriumsbibliothek ließ mich zwei Jahre zwischen Bonn und Berlin pendeln, bevor ich mich in Köln für die Ewigkeit niederlassen wollte. Es kam alles ganz anders, ich wurde in Südtirol sesshaft und arbeite seit 2003 als Bibliothekarin in der Stadtbibliothek Meran.

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Im Monat Juli stellen wir Euch in unserer Rubrik „Frau des Monats“ zwei Frauen – Mutter und Tochter – vor, die sich engagiert für das Leben in ihrem Tal einsetzen und sich darüber hinaus für die Erhaltung und Vermittlung von traditionellem Handwerk und altem Wissen im Sinne einer nachhaltigen Lebensweise stark machen. Im folgenden Interview erzählen uns Waltraud und Franziska Schwienbacher ein wenig mehr darüber und auch, was sie motiviert und ihnen besonders am Herzen liegt.

Waltraud und Franziska, könnt Ihr Euch bitte kurz vorstellen?

Mein Name ist Waltraud Schwienbacher, ich bin 81 Jahre alt, in Ulten geboren und liebe mein Tal und die Natur ganz besonders.

Ich bin Franziska, geboren 1973, Mutter von zwei wunderbaren Kindern und auf dem Wegleithof in Ulten aufgewachsen mit drei weiteren Geschwistern. Meine Eltern betrieben zunächst traditionelle Berglandwirtschaft, in den späten 80er Jahren begannen sie mit dem Kräuteranbau. Stationen auf meinem Weg: Biologiestudium in Innsbruck, Forschungsstipendium für das Doktorat an der Uni-Innsbruck, mehrere Jahre tätig am Versuchszentrum Laimburg, verantwortlich für Leitung und Koordination der Winterschule Ulten seit 2009.

Traudi, kannst Du unseren Leser/Innen ein wenig über das Projekt „Lebenswertes Ulten“ erzählen, wie es zur Idee gekommen ist, welche Bedeutung es für das Tal hat und wie Dein Lebenswerk in Deinem Sinne weitergeführt werden soll?

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La Donna del mese di giugno è Letizia Molon, ora pensionata dopo una intensa vita lavorativa dedicata all’integrazione scolastica e lavorativa, resiste appassionata, dedicandosi intensamente alla fotografia.

Parlaci di te.

Ho 67 anni e abito da sempre a Merano. Fortunatamente ho vissuto fin da subito la complessità e ricchezza – dico io –  di certi contesti urbani e abitativi nelle periferie delle nostre cittadine sudtirolesi degli anni ‘60 e ‘70 e delle variopinte realtà familiari, anche multietniche: una vita semplice, ma dignitosa e c’era tutto il necessario per un’infanzia ricca di occasioni divertenti e stimolanti. Famiglia paterna numerosa, immigrata dal povero Veneto in cerca di lavoro e futuro, famiglia materna di origine contadina di lingua tedesca, gente con una guerra alle spalle; i miei genitori, dunque, di madrelingua, abitudini, storie profondamente diverse. Abitavamo in un alloggio piccolissimo con un wc condiviso con due diverse altre famiglie. Ricordo un quartiere pieno di bambini. Ricordo anche di aver potuto  giocare all’aperto in piazza, nei cortili, nei prati dei vicini quasi senza orario…tante ginocchia sbucciate, ma tante avventure.

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“…cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Italo Calvino, ne “Le città invisibili”

La Donna del mese di maggio é Francesca Schir, poliziotta alla Digos, professoressa, psicologa, musicista e politica.

Potresti presentarti brevemente?

Sono nata a Bolzano, ma ho vissuto sempre a Merano, cullata e rassicurata dalle montagne e da un’infanzia serena, da una famiglia affettuosa e presente che mi ha insegnato tanto: a fare le cose con impegno, ad essere generosa e attenta. Ma anche cose pratiche: mio papà era fabbro e perciò ho imparato a saldare, ad occuparmi di aggiustare le cose che si rompono invece che buttarle. Dalla mamma ho imparato che la tavola si può sempre allungare e fare posto a qualcuno, a raccontare e a raccontarmi, ad approfondire. Ho imparato l’amore per le storie e per il profondo. La sua domanda di rito era: “e poi?” Come per spingermi ad andare oltre, a non rimanere in superficie. Credo di essere diventata quello che sono grazie a questo potermi sperimentare che è stata la cifra di tutto il mio percorso evolutivo.

Hai fatto studi di interesse e svolto vari lavori, che potevi scegliere tu?

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La donna del mese di aprile é Mathilde Galli, vincitrice del primo premio di incentivazione per lavori scientifici sulla parità di opportunità e le questioni di genere. Il suo lavoro si intitola „Pace al femminile. Il contributo delle donne ai negoziati di pace sull’esempio colombiano“, avendo completato una laurea magistrale in Relazioni Internazionali e Sicurezza Globale, presso l’Università „Sapienza“ di Roma.

Kannst du dich kurz vorstellen?

Sono Mathilde Galli, classe 1999, nata a Bolzano. Sono cresciuta nel piccolo paese di Montagna in Bassa Atesina in una famiglia bilingue: mamma altoatesina di madrelingua tedesca e babbo fiorentino. Oggi abito a Roma, ma ho trovato un “Zuhause” anche a Parigi, Amburgo e Forlì. Rimango però radicata nel bosco che circondava la mia casa di infanzia, dove, insieme ai miei cugini e mio fratello passavamo tutte le nostre giornate, costruendo case sugli alberi, raccogliendo castagne, giocando a nascondino. Penso che quel posto e quelle dinamiche hanno avuto una forte influenza sulla persona che sono oggi. Essere l’ultima di una generazione di fratelli e cugini ha fatto sì che oggi sono molto indipendente, ma principessa quando serve 😊

Du hast eine sehr starke politisch engagierte Mutter – inwieweit haben sie dich gefördert, geprägt mit gesellschaftlichen politischen Themen.

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Unsere Frau des Monat März ist Ingrid Kapeller, Preisträgerin „Förderpreis für wissenschaftliche Arbeiten zur Situation der Frau in der Gesellschaft oder der Chancengleichheit zwischen Frau und Mann“ für die Masterarbeit „News on femicide. Ein sprachübergreifender Vergleich der Berichterstattung über Feminizide in ausgewählten Qualitätsmedien“, Masterstudium Gender, Kultur und sozialer Wandel am Institut für Soziologie der Universität Innsbruck.

Im Interview mit Sissi Prader erzählt Ingrid aus ihrem Leben.

Kannst du dich kurz vorstellen?

Ich bin Ingrid, 26 Jahre alt und komme aus Taufers im Münstertal. Ich bin die jüngste von vier Schwestern, reise unglaublich gerne, esse am liebsten Kaiserschmarrn oder Zwetschgenknödel, geh gern Radfahren, liebe Sprachen, feiere und tanze viel und verbringe so viel Zeit wie möglich mit Freund:innen und Familie. Ich habe Gender, Kultur und Sozialer Wandel studiert, arbeite im Forum Prävention in der Fachstelle Familie und mache gerade die Ausbildung zur Sexualpädagogin.

 

Dir sagt man nach, dass du die Generation den neuen Feminismus vertretest. Was bedeutet für dich Feministin zu sein und wie wirst du als solches gesehen?

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Unsere Frau des Monat Februar ist Petra Oberhollenzer, sie bekam 2024 den Förderpreis des Landesbeirates für Chancengleichheit/Frauenbüro für ihre Masterarbeit „Bergbäuerin sein – Herausforderungen und Chancen früher und heute“.

„Bäuerin zu werden war somit schon bald mein Traum, da es für mich ein Beruf ist der eine vielseitige Selbstverwirklichung, einen gesunden sinnvollen Arbeitsalltag und zugleich eine enkeltaugliche Zukunft verspricht.“

Im Interview mit Sissi Prader erzählt Petra mit Begeisterung über ihr Leben als junge Bäuerin.

Kannst du dich kurz vorstellen?

Mein Name ist Petra Oberhollenzer, bald 32 Jahre alt, Bergbäuerin und Mutter von Jakob, 4 und Klara 2. Das besondere an unserer Familie ist aber, dass wir ein Chromosom reicher sind als eine durchschnittliche Familie mit zwei Kindern 😉, Klara hat Trisomie 21. Wir wohnen auf einem Bergbauernhof im Sarntal auf 1365m Meereshöhe und mein Mann bewirtschaftet unser kleines, aber schönes Stückchen Kulturlandschaft, nun schon seit über 10 Jahren mit Unterstützung seiner Mutter, Geschwister und weiteren fleißigen Heuerntehelfern. Seit nun fast 5 Jahren darf ich an seiner Seite das Erbe seiner Vorfahren schätzen und kultivieren lernen.

Dein Beruf als Bergbäuerin ist wohl eine Berufung?

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Das neue Jahr beginnt mit einem Interview mit Sonja Piccolruaz, unsere Frau des Monat Jänner.

Im Gespräch mit Sissi Prader erzählt sie über ihr Leben und über ihre ehrenamtlichen Aufgaben.

1) Sonja, kannst du dich kurz vorstellen?

Ich bin die zweite von 4 Kindern, noch zu Hause mit Hilfe der Hebamme auf die Welt gekommen.
Lebe immer noch in Corvara und könnte mir absolut nicht vorstellen wo anders zu leben.
Ich hatte das große Glück in meinem Mann, meinen Seelenpartner zu finden und mit ihm unseren Sohn großzuziehen, da meine Brüder andere Arbeitswege gegangen sind habe ich das Haus unserer Großeltern übernommen.

2)  Du hast neben deinem Hotel, das du mit deinem Mann geführt hast und jetzt noch weiterführst, sicher viel Energie aber auch mit Freude diese Aufgabe gewählt.
Wie geht es dir dabei und bringst du alles unter einem Hut zu bringen?

Natürlich war es mit meinem Mann viel einfacher das Hotel zu führen, aber da ich eine Frau der Tat bin suchte ich einen Weg um Arbeit und Wohlbefinden unter einem Hut zu bringen. Der plötzliche Tod meines Mannes hat mir gezeigt, dass manchmal etwas weniger so viel mehr sein kann. Also habe ich, nach Rücksprache mit meinem Sohn, auf Zimmer mit Frühstück umgesattelt. Wir verdienen wahrscheinlich weniger, aber was wir an Lebensqualität dazugewonnen haben ist unbezahlbar.
Endlich habe ich mehr Zeit mich meinen Hobbys, wie z.B. das Wandern zu widmen und mich im Dorf für die Gemeinschaft zu engagieren.

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Unsere Frau des Monat Dezember ist Magdalena von Mörl, Mitarbeiterin im Südtiroler Kinderdorf und „Tausendsassa“.

Im Interview mit Sissi Prader erzählt sie über ihre ehrenamtliche Tätigkeiten und Privates.

Können Sie sich kurz vorstellen?

Ich bin in Eppan als Letzte von 4 Kindern aufgewachsen, in einem alten Ansitz…ich liebe alte Mauern! Seit über 30 Jahren lebe ich in Bozen, bin glücklich verheiratet und habe 2 in Deutschland studierende Kinder. Bin ein Tausendsassa, man sagt mit nach, eine „Alleskönnerin“ zu sein, habe mir in vielen unterschiedlichen Bereichen Kompetenzen angeeignet. Ich packe gerne an, habe viel Schwung und finde oft Lösungen wo andere straucheln.

Kinderdorf ist ja eine Institution, die sehr viel Aufmerksamkeit braucht, deshalb ist die Öffentlichkeitsarbeit eine wichtige Arbeit, die sie ausführen. Was sind die Hauptargumente um Sichtbarkeit zu geben?

Das Kinderdorf gibt es schon seit bald 70 Jahren, es hat sich im Laufe dieser Jahrzehnte stark verändert. Die Angebote wurden an die Anforderungen angepasst, wir kümmern uns nicht nur um Kinder und Jugendliche, sondern auch um Eltern, alleinerziehende Frauen und sind präventiv tätig. All dies muss sichtbar gemacht werden und nach wie vor bestreiten wir einen gewissen Teil unserer Ausgaben durch Spenden.  Wir möchten das am Rande von Brixen liegende Kinderdorf mehr ins Zentrum rücken, in die Köpfe und ins Bewusstsein der Menschen bringen. Wir öffnen uns und möchten teilhaben lassen.

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Unsere Frau des Monat November ist Susanne Ferstl, gebürtige Meranerin, arbeitet seit der Matura (HOB) im Farben – und Bastelgeschäft Farben Ferstl, zusammen mit Schwester und Bruder.

Im Interview mit Sissi Prader erzählt sie über ihre Projekte, ehrenamtliche Tätigkeiten und Privates.

Kannst du dich kurz vorstellen?

Ferstl Susanne Solveig. Dänischer Zusatznamen meiner Mutter übersetzt “ Sonnenweg“ .
Gerade 60 Jahre alt geworden am 03.10.1964. Zwei Geschwister (Jens und Katrin). Ich bin die Älteste. In Meran geboren und aufgewachsen, seit 30 Jahren verheiratet., 2 Kinder Elisabeth (28) und Peter (24). Oma von 2 Enkelkindern (6 und 4 Jahre).


Du bist in einer mehrsprachigen Familie aufgewachsen und schätzt die Wurzeln deiner Mutter, die aus Dänemark stammt und evangelisch aufgewachsen ist. Für dich war dieses Aufwachsen sicher bereichernd und gibst es deinen Kindern weiter?

Meine dänische Mutter kam im fernen 1963 auf einen Besuch nach Meran und war ein halbes Jahr drauf mit meinem Vater verheiratet. Zum Entsetzen der Dänen: ein Italiener mit all den verbunden Klischees. Es hat sich dann herausgestellt, dass alles kein Thema war und es war eine schöne Zeit. Den Sommer in Dänemark und ansonsten hier in Südtirol. Daheim hochdeutsch und dänisch, Dialekt und italienisch in der Schule. Wobei es damals in der Schule kaum Vorbehalte gab, nicht das Dänisch und nicht das Evangelisch. Im Gegenteil, wir haben einige Bräuche in die Schule gebracht: Santa Lucia im Dezember, dänische Lieder. Einzig der katholische Pfarrer hatte so seine Bedenken und ich durfte trotz Intervention alle Schüler nicht an der SKJ oder an den gemeinsamen kirchlichen Nachmittagen teilnehmen.

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Unsere Frau des Monat Oktober ist Katharina Mölk, gebürtige Innsbruckerin, aufgewachsen in Südtirol, wohnt und arbeitet als Fremdenführerin in Wien.
Zu ihren Tour-Angeboten gehören neben klassischen Stadtspaziergängen auch Führungen durch das antike Wien.
Zusätzlich erstellt sie leidenschaftlich Beiträge zur Geschichte Österreichs auf Plattformen wie YouTube, Facebook, Instagram und TikTok. Sie hat auch ein Buch zur Antike in Österreich über die Kulturplattform “Der Leiermann” verfasst und war Mitautorin bei weiteren Bänden der Bücherreihe.

Im Interview mit Nadine Lanz, erzählt sie über sich und wie das Leben als Kulturvermittlerin ist.


Wie vereinst du es dich in deinem Beruf wohl zu fühlen?

Es ist der Beruf, den ich immer wollte, ohne es zu wissen. Ich wusste nicht, dass es den Beruf „Austria Guide“ gibt und dass man davon leben kann. Ich habe davon zufällig durch mein Studium erfahren. Während meiner Ausbildung ist COVID19 ausgebrochen und es war nicht klar, ob ich im Tourismusbereich überhaupt durchstarten kann. Doch es hat funktioniert. Seit 2021 lebe ich davon, Menschen durch Wien zu führen. Jeden Tag bin ich glücklich darüber, weil es während Corona so unsicher war, ob mir das überhaupt gelingen würde. Egal wie stürmisch, kalt oder brennend heiß es ist, ich ziehe jede Führung mit Begeisterung durch. Und meine Gäste schätzen die Art, wie ich Geschichte lebendig mache. Klar ist es kein „sicherer Job“ – ich lebe von Woche zu Woche, von Buchung zu Buchung und weiß nie, wieviel Geld am Ende des Monats auf dem Konto sein wird. Aber ich würde nie wieder einen anderen Beruf haben wollen.

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Unsere Frau des Monat September ist Annamarie Huber, sie war Grundschullehrerin, ist Weiterbildnerin, Schriftstellerin, Chorsängerin, Vorsitzende der Katholischer Frauenbewegung der Pfarre Gries und ist im Diözesanvorstand des kfb tätig.

Sigrid Prader hat mit Frau Annamarie Huber ein sehr persönliches Interview geführt; was Frau Huber über sich zu erzählen hat, lesen Sie hier:

1,2,3 – Das erste Mal, als ich unterrichtet habe, war ich 18; meinen ersten Vortrag habe ich mit 20 gehalten. Daraus wurden 20 Jahre Grundschullehrerin und 30 Jahre Weiterbildnerin mit eigener Mehrwertsteuernummer, als Freiberuflerin und Einzelunternehmen.

Die Zwei steht für meine Kinder. Sie steht auch für die zwei Tätigkeiten, die ich gelebt habe, für das Unterrichten und das Schreiben, für die Lehrerin und die Schreiberin. 140 Mit-in-den-Tag-Sendungen, 7 Jahre Redakteurin und stellvertretende Chefredakteurin bei der pädagogischen Zeitschrift „forum schule heute“, 3 veröffentlichte Bücher, jahrelang Beiträge für den Radius und Webseitentexte für Hotels und Betriebe legitimierten meine Referententätigkeit als Schreibtrainerin für alle Lebensbereiche.

Die Drei steht für die drei Säulen meines pädagogisch-didaktischen Ansatzes: das Thema, das uns zusammengeführt hat, sowie das Du und Ich im interaktiven Dreieck in Gleichwertigkeit, Respekt und Wertschätzung zueinander.

Starke Frauen 0

Unsere Frau des Monat August ist Lena Adami. Nunmehr Erzählerin, Schreiberin, Theaterspielerin…

Nomadenleben
Wirtstochter, älteste von vier Schwestern. 1940 am zweiten Tag der „Auswanderung“ in Innsbruck auf die Welt gekommen. Da geht mein „Nomadenleben“ schon los. Ich wachse bis 1945 im Burgenland auf und dann geht’s zurück nach Bozen, wo ich die Volks- und Mittelschule besuche.  Daraufhin siedeln wir nach Kastelruth um. Die Eltern pachten dort den Rösslwirt, später den Wolfswirt und inzwischen schon etwas arriviert, erwerben sie 1954 im Martelltal den Martellerhof.

Nun bin ich die „Hof-Leni“.

Lena Adami 1956

Lehrerin bin ich geworden.
Aber mein Wunschtraum war Schauspielerin! „Fixstern“ nannten mich die Mitschüler-Innen in der LBA. Ich machte ja auch kein Geheimnis aus meiner Zukunftsvision… Zwei Jahre unterrichtete ich an der einklassigen Schule in Bad Salt/Martell. Mein Beruf gefiel mir. Erklären konnte ich schon immer gut. Mit Liebe und Geduld auf die Schwächeren, auf die Kleinen eingehen, die Großen, die Gescheiten, herausfordern, fördern und fordern – das war mein Leitspruch.

Schule Adieu!
Mit 21 Jahren habe ich geheiratet, einen Diplomlandwirt aus Bayern. Erst mal Hausfrau und Mutter.  Zwei Kinder, Susanne und Claus. Muss zurück in den Schuldienst, sonst fällt mir die Decke auf den Kopf… In Bayern herrscht Lehrermangel und so „komme ich zum Zug“. Mit 17 Wochenstunden an der Grundschule Altötting, obwohl italienische Staatsbürgerin und ohne das in Deutschland obligate Pädagogikstudium. In der Not tut’s die Lehrerbildungsanstalt auch…

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