A breve uscirà l’attesa traduzione in tedesco del libro di Romina Casagrande “I bambini del bosco”, pubblicato ad aprile 2021. Il titolo in tedesco è “Feuer auf den Bergen” ed è stato tradotto da Teresa Englert.
Il romanzo è un’immersione nell’atmosfera delle montagne dell’Alto Adige, mettendo in primo piano la loro bellezza e saggezza. La storia si svolge sulle pendici del Seelenkogel, un luogo dove le imponenti montagne e la vita dura degli abitanti giocano un ruolo cruciale. Qui, Luce vive con suo padre e suo fratello, nascosti nel bosco al confine tra Italia e Austria. Gli uomini si mettono costantemente in pericolo lungo gli antichi sentieri di contrabbando, fino a quando anche Luce decide di seguire le loro orme.
Romina Casagrande racconta questa storia con un linguaggio quasi poetico, catturando l’essenza delle persone intrappolate tra montagne e valli, in cerca di casa e libertà, in un mondo colmo di segreti. L’autrice riporta alla luce una pagina della storia rimasta nell’ombra, dando voce a donne di cui persino il nome è stato dimenticato e alle loro conquiste. Il suo racconto guida il lettore attraverso la magia delle montagne, che sono maestre di vita generose ma esigenti, capaci di donare molto ma anche di chiedere tanto in cambio. È un romanzo che parla di libertà, coraggio e riscatto.
Speriamo che prossimamente Romina Casagrande sarà ospite al Museo delle Donne e presenterà il suo libro. In anteprima abbiamo intervistato Romina Casagrande.
Cosa ti spinge a scrivere?
Forse tante motivazioni insieme che riconducono al mio amore per i libri e per la lettura nato da bambina. In casa sono sempre stata circondata dai libri, mio padre era un lettore fortissimo. E poi, c’entra la curiosità. Inventare e costruire trame è un gioco che ti porta molto nel profondo del tuo essere, ma ti obbliga anche a confrontarti con l’esterno. É un continuo scambio tra l’io dell’autore e i mondi reali, possibili o immaginati che lo circondano. Ha a che fare con l’ascolto, l’accoglienza, il cambiare prospettive, è un lavoro affascinante tanto a livello creativo quanto emotivo e di pensiero.
Ci sono anche molte storie ambientate in Alto Adige. In questo modo, si riesce anche ad avvicinare la storia quotidiana e culturale di questo Paese al pubblico italiano. È anche questa la tua opinione?
Sarebbe un bellissimo significato per le storie che scrivo. Ogni lettore poi ci trova quello che vuole, come sempre accade quando leggiamo. Sono romanzi stratificati anche sul piano temporale, dove un oggi, la contemporaneità, dialoga con il passato. E, a volte, questo passato riguarda zone di penombra, ambigue, il cui stare apparentemente al margine nasconde invece una centralità di fatto, non sempre riconosciuta. Penso all’Aktion T4, di cui parlo in L’eredità di Villa Freiberg, e delle vittime italiane. Oppure ai bambini del bosco – Feuer auf den Bergen – e al ruolo delle donne in fenomeni endemici per luoghi di confine, ma forse più considerati nelle loro strutture maschili, come il contrabbando. Il loro sapersi ritagliare spazi di autonomia ed emancipazione grazie alla montagna che diventa sfida, ma anche opportunità.
È uscito un nuovo libri tradotto in tedesco “Feuer auf den Bergen” su un tema abbastanza sconosciuto. Per quanto ne so, il tema del contrabbando è conosciuto e pubblicizzato solo in parte.
Soprattutto non lo è al punto di vista delle donne contrabbandiere, il cui ruolo è spesso stato definito come di passiva accettazione, attesa o protezione di padri e figli contrabbandieri, tutt’al più organizzazione logistica. Le donne invece hanno percorso gli stessi sentieri, hanno rischiato la vita, lo hanno fatto da sole o con altre donne. Emergono aspetti molto moderni, come l’idea che la conquista dell’emancipazione passi anche attraverso l’indipendenza economica. Le ultime stime del World Economic Forum del 2023 ci dicono che l’indipendenza economica per molte donne è ancora un mero miraggio, con un forte divario di genere.
Come hai ottenuto le informazioni sull’argomento, visto che molti di questa generazione non sono più in vita?
Grazie al lavoro di storiche che hanno posto domande diverse a vecchie questioni che si pensavano risolte e concluse. Cambiare domanda, cambiare prospettiva, è fondamentale per rendersi conto che nessuna posizione è data per sempre e definitiva, ma va arricchita, messa in dialogo e in relazione con le altre variabili. Gli studi di Ingrid Runggaldier mi hanno aiutato molto. Lei è una persona davvero speciale.
Cosa vorresti trasmettere con questo tema, visto che ci sono storie di vita in montagna e di libertà?
É una storia che parla di relazioni, di quanto sia difficile scegliere la cosa giusta e di quanto spesso non ci riesca perché di mezzo ci sono i sentimenti che ci rendono creature passionali e così poco razionali. Penso soprattutto ai protagonisti adolescenti del romanzo che cercano una guida e la trovano dove mai si immaginerebbero di trovarla, in una vecchia casa di contrabbandieri. Una casa in bilico, come loro, tra un’epoca che sta svanendo e una nuova che si affaccia e fa paura, perché il nuovo spaventa, lasciare quello che abbiamo – anche se non sempre è come lo vogliamo – mette paura.
Però fa parte del cambiamento. Nessuno sa cosa ci sarà dietro l’angolo e questo può paralizzare, ma in realtà niente piove a caso, ma è frutto di un’intenzionalità. Anche il futuro. Lo possiamo costruire, passo dopo passo. E questo da una parte ci rasserena, dall’altra ci responsabilizza: sono le nostre scelte. Anche le più piccole, che rendono piccoli personaggi, al margine della Storia, protagonisti di grandi cambiamenti.
Ci rivedremo presto al Museo delle Donne
Grazie di cuore a voi per l’invito e la chiacchierata. Il Museo della Donna è un luogo a cui sono molto affezionata e in cui ho sempre trovato stimoli, idee, professionalità e coraggio. Un bellissimo esempio.
Intervista Sissi Prader