Voglia di un´associazione femminista intersezionale, che va oltre ogni stereotipo e si occupa di diritti LGBTQ+ cercando di vedere il valore delle singole persone a prescindere dal loro genere, orientamento sessuale, etnia, credo o cultura di appartenenza?
Beh allora BOSSY fa al verso vostro. Nata nel 2014 come associazione no profit, il team propone incontri nelle scuole e nelle aziende, organizza campagne ed eventi e scrive articoli di sensibilizzazione e informazione. Per fortuna stanno crescendo anche in Italia organizzazioni come questa, che si battono contro ogni forma di discriminazione e a favore della disuguaglianza di genere. Speriamo che presto seguano sul territorio nazionale anche altri Musei delle Donne.
La proposta originale di BOSSY è di proporre riflessioni e critiche costruttive anche all´interno del mondo femminista attuale, per ragionare su cosa significa effettivamente discriminare e accorgersi che è fattibile discriminare anche senza rendersene conto. L´obiettivo dell´associazione è di fare un lavoro effettivo sul campo, spiegando come portare maggiore diversità e parità di genere, anche fra le fila femministe.
Una degli articoli recenti emersi sul sito, riflette sul femminismo neoliberale, diventato ormai mainstream, vantando da un lato il fatto di aver contribuito a superare la connotazione negativa legata al femminismo, ma dall´altra rischiando di trasportare messaggi un po’ vuoti, commerciali, rivolti in gran parte solo a donne del ceto medio. BOSSY incoraggia le persone a tener sempre conto di chi non gode già di stabilità economiche e libertà d´azione, come per esempio donne nere, donne transgender o donne che vivono in condizioni di povertà o senza reti di supporto.
Per tutte queste donne alzare la voce spesso potrebbe non funzionare o addirittura essere controproducente, perché per esempio potrebbe attirare mobbing o violenze. Non considerare questi vissuti significa dare per scontato il proprio privilegio e considerare la propria esperienza come universale.
Sarah Trevisiol