La donna del mese di febbraio è Alessandra Spada, insegnante, autrice e presidente dell’Archivio storico delle Donne di Bolzano. Da poco è uscito il suo ultimo libro “Conquistare le madri -Il ruolo delle donne nella politica educativa e assistenziale in Alto Adige durante il fascismo”, (Edition Raetia, 2019), che presenteremo a breve al Museo delle Donne.
Alessandra puoi presentarti alle lettrici del blog IchFrau/IoDonna?
Nella premessa avete in gran parte già indicato gli aspetti che mi caratterizzano e che hanno contraddistinto fino a oggi le mie varie attività professionali e di volontariato. Aggiungerei anche il mio impegno politico, svolto in passato nelle istituzioni e oggi a livello di associazionismo. Al di là dell’impegno pubblico, svolto sempre con grande passione e che mi coinvolge molto, mi piace molto leggere, andare a teatro e al cinema, passare del tempo con amiche e amici care/i. Da giovane amavo molto anche lo sport, con il passare degli anni sono diventata un po’ più pigra, ma non disdegno fare delle belle passeggiate nella natura e nuotare, soprattutto al mare.
Sei una persona che si è impegna tantissimo per l’Archivio storico delle Donne, da dove nasce la tua motivazione?
Ho iniziato ad avvicinarmi al femminismo già in età adolescenziale, a metà degli anni ’70 del secolo scorso, quando i movimenti femministi iniziarono a far sentire la loro voce nelle piazze per promuovere la liberazione delle donne dalle strutture patriarcali partendo da una riflessione sul corpo e sulla sessualità femminile. A Bolzano queste posizioni furono promosse principalmente dal movimento femminista Kollontaj, che successivamente avrebbe dato vita al consultorio Aied. Mi ricordo che nelle scuole allestivano degli spazi con cartelloni, illustrati da loro, in cui erano indicati gli organi riproduttivi maschili e femminili e venivano spiegati i diversi metodi anticoncezionali con l’indicazione di quelli più sicuri. Possiamo dire che furono delle importanti occasioni di educazione sessuale per noi giovani che vivevamo in una realtà in cui la sessualità, soprattutto quella femminile, era ancora un tabù. Questi cartelloni, insieme ai ciclostili informativi allora utilizzati, sono ora depositati presso l’Archivio storico delle donne/Frauenarchiv e confesso che ogni tanto li riguardo non senza provare una certa emozione. Dopo questa prima, giovanile, esperienza che mi ha avvicinato al movimento femminista bolzanino, il vero interesse per il femminismo e la sua storia è maturato all’università con la scelta di scrivere una tesi su Sibilla Aleramo. Nella stesura della tesi ho avuto modo di approfondire la storia del primo femminismo a cavallo tra ’800 e ‘900 e, nel contempo, sono entrata in contatto con alcuni centri femministi a Milano e a Roma dove ho conosciuto studiose e storiche femministe che mi hanno supportato nella ricerca. Queste esperienze mi hanno permesso di acquisire una consapevolezza femminista che ha poi segnato le mie scelte di vita. Tornata a Bolzano dopo l’università ho iniziato a collaborare con il Centro di documentazione e informazione della donna e la Biblioteca della donna sorta nella prima metà degli anni ’80 e che purtroppo oggi non ha più una sua sede. Il mio impegno femminista è poi proseguito a livello politico come vicepresidente del Comitato pari opportunità della Provincia di Bolzano e come Consigliera comunale a Bolzano fino alla creazione di una Lista Rosa con cui ho partecipato a elezioni provinciali e comunali nei primi anni del 2000. Terminata l’esperienza politica, da circa vent’anni ho ripreso ad approfondire la ricerca storica lavorando attivamente per l’Archivio storico delle donne/Frauenarchiv di Bolzano.
Quanto è importante continuare a parlare di tematiche femminili?
È importantissimo perché molti dei diritti che si ritengono ormai per acquisiti e consolidati rischiano purtroppo di non essere tali e in un mondo in cui le forze conservatrici e di destra prendono politicamente sempre più piede il rischio di fare dei passi indietro è reale. Bisogna quindi restare molto vigili e continuare a monitorare attentamente le scelte politiche affinché i diritti che le donne hanno conquistato non vengano intaccati. Inoltre le discriminazioni nei confronti delle donne ancora presenti nella società, i costanti atti di violenza nei loro confronti e i tragici femminicidi che riempiono le cronache quotidiane dimostrano che non bisogna mai abbassare la guardia e che a livello sociale, economico, culturale il lavoro da fare è ancora moltissimo e richiederebbe maggiore sostegno, anche finanziario, da parte della politica.
Hai scritto e curato molte pubblicazioni, ce ne è una a cui sei più legata in particolare?
È difficile dire quella a cui sono più legata. Posso dire che la pubblicazione che più mi ha impegnato è il volume Conquistare le madri che è il frutto di una ricerca durata anni e che ha consentito di svelare il ruolo che il fascismo assegnava alle donne italiane giunte in Alto Adige nella politica di italianizzazione e fascistizzazione del territorio.
Da dove prendi l’energia e cosa sono i tuoi svaghi?
L’energia per l’impegno femminista mi proviene da un innato senso di giustizia; sono invece la passione e il desiderio di conoscenza che mi spingono a proseguire nella ricerca storica con l’intento di far riemerge una storia delle donne del nostro territorio ancora in gran parte sommersa. Adesso che sono in pensione oltre che a impegnarmi per l’Archivio storico delle donne/Frauenarchiv e a coltivare la ricerca storica, mi svago viaggiando e trascorrendo gran parte dei mesi estivi al mare per il quale nutro un grande amore e che consente di rigenerarmi con lunghe nuotate.
Quale il tuo ultimo lavoro?
Da un anno sono in pensione e quindi mi sono presa del tempo per me, per rilassarmi e per programmare impegni e progetti futuri di cui però per scaramanzia preferisco non parlare. Nel frattempo ho lavorato a titolo di volontariato per l’Archivio storico delle donne/Frauenarchiv e mi sono dilettata organizzando per l’associazione alcune presentazioni di libri ed eventi.
C’è un motto che hai fatto tuo negli ultimi anni?
Cercare di guardare con ottimismo alla vita. L’esperienza mi ha insegnato che i momenti difficili passano e che anche quelli che più ti hanno fatto soffrire e ti hanno lasciato un segno non ti impediscono di tornare a sorridere.
La tua massima di vita?
Vivi e lascia vivere
Alessandra Spada