Blog vom Frauenmuseum Il Blog del Museo delle Donne
Frauenmuseum | Museo delle donne

Quando formazione, divulgazione culturale museale e lavoro sociale si uniscono

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La donna del mese di luglio è Roberta Ciola, collaboratrice da poco più di un anno del Museo delle Donne. Per noi, una donna attiva che svolge anche al di fuori del lavoro attività sociali, interculturali ed è troppo spesso in secondo piano. Per questo merita più visibilità.

Qui intervistata da Sissi Prader, storica direttrice e membro del direttivo del museo.

Roberta puoi descriverti brevemente?

Sono una pedagogista specializzata in ambito socio-psicologico, dopo la laurea ho ampliato le mie competenze con corsi di formazione sull’intercultura, sull’inclusione delle persone disabili e sull’educazione permanente. Attualmente lavoro presso il Museo delle Donne di Merano.
Come molte/i pedagogiste/i, ho sempre cercato di imparare, non solo attraverso i libri ma anche sul campo e direttamente dalle persone coinvolte nelle iniziative che ho promosso.
Per molti anni mi sono occupata di organizzare attività e corsi formativi, piuttosto che insegnare direttamente. Mi sono spesso dedicata con passione a iniziative dal carattere sociale, rivolte direttamente a categorie considerate socialmente „deboli“. E sono queste che mi hanno fatto più crescere sia a livello personale che professionale.

Sette anni fa hai partecipato alla fondazione dell’Intercultural Café all’urania di Merano, dove lavoravi. Che cosa ti ha mosso per avviare questo progetto?

Dal 2016, ad eccezione di una breve pausa, coordino l’Intercultural Cafè dell’urania meran, che é nato per favorire processi di integrazione delle persone straniere nella comunità cittadina, coinvolgendo direttamente sia nuovi/e che vecchi/e cittadini/e di Merano.
È importante sottolineare che il progetto dell’Intercultural Cafè è nato come un’idea collettiva, con il prezioso contributo di Marlene Messner, all’epoca direttrice dell’urania, e di una rete tra associazioni del territorio, persone mediatrici culturali e volontarie

A chi volete rivolgervi e quali sono i vostri obiettivi a lungo termine?

In concreto l’Intercultural Cafè si rivolge a persone con background migratorio e a tutti coloro che sono interessati a uno scambio culturale tra concittadini/e. Il nostro obiettivo a lungo termine è creare una struttura di educazione permanente che metta a diposizione e promuovi degli spazi d’incontro e scambio culturale idonei, e risponda ai bisogni formativi di base delle persone straniere, offrendo corsi ad hoc, inserendo ad esempio dispositivi per facilitarne la partecipazione. All’interno del Cafè sono anche nati due iniziative particolari, il dialogo di pace per la città di Merano e il gruppo di narrazione RaccontiamoCi. Sono entrambi una fonte di nuove idee, e uno spazio in cui è nata una rete solidale, intergenerazionale e multiculturale tra le persone che ne fanno parte.

Intercultural Cafè – Dialogo di pace interculturale

Da circa un anno e mezzo lavori qui al Museo delle Donne, di cosa ti occupi?

Al museo mi occupo dell’accoglienza alla reception, faccio guide alle mostre del museo, anche a persone con disabilità in linguaggio semplificato e a gruppi di donne con background migratorio e tengo workshop dedicati ai ragazzi e alle ragazze delle scuole.

 Quali sono le tue idee future, che cosa desideri realizzare?

Attualmente qui sto lavorando ad una nuova mostra incentrata su migrazione e tradizione. È un progetto pensato a più voci tra mondo museale, per l’appunto il Museo delle Donne e quello dell’educazione permanente, l’Intercultural Cafè. Metteremo in mostra non solo il prodotto finale, ma anche il processo partecipato di costruzione del sapere che vi sta alla base.
Qui al Museo delle Donne, stiamo inoltre lavorando per diventare più accessibili e inclusivi per le persone con disabilità, e abbiamo in progetto di impiegare anche ausili digitali.

Parlami di altri impegni sociali a cui partecipi e di cosa desideri cambiare?

Nei prossimi anni continuerò a occuparmi dei progetti di integrazione delle persone straniere, e in particolare vorrei potenziare la rete e le iniziative dedicate alle donne immigrate in situazione di svantaggio. Donne che abbiamo incontrato molte volte sui nostri tavoli linguistici e nei gruppi dedicati alle mamme, come il Maternando.
Sono convinta che anche dalle piccole cose si possono influenzare cambiamenti significativi.
La mia scommessa? Scalfire gradualmente il grande muro di pregiudizi e timori reciproci che oggi ci divide in società parallele, per vivere tutte e tutti in pace.
Nel farlo, tengo sempre a mente che in questo nostro territorio di confine abbiamo già una lunga esperienza e abbiamo già vinto la grande battaglia per la convivenza rispettosa tra gruppi linguistici, italiano, tedesco e ladino. Si possono fare ancora delle grandi semplici cose.

Incoraggi anche a scrivere storie, ad esempio nel lavoro con i genitori, dove è stato possibile pubblicare una raccolta di racconti.

Nel corso di circa 10 anni, durante il periodo in cui i miei figli frequentavano la scuola elementare e media, inizialmente come mamma e poi come facilitatrice ho seguito e promosso il progetto della metodologia pedagogia dei genitori in molte scuole di Merano. Il progetto, nato dal Prof. Riziero Zucchi e dalla Prof.ssa Augusta Moletto, di Torino e coordinato in provincia da Francoise Poveda, aveva e ha tutt’ora l’obiettivo di creare un dialogo alla pari tra insegnanti e genitori sui valori e i principi della corresponsabilità educativa. Una best practice all’insegna della partecipazione diretta e della cittadinanza attiva, in cui uno dei principi base è “nessuno insegna, ma tutti imparano da tutti”.
Nel corso dei 10 anni nelle scuole di Merano sono state raccolte numerose narrazioni che hanno dato vita ad un libro destinato a tutta la comunità scolastica.

Dove trovi la tua forza e quali sono i tuoi hobby?

Io tendo ad andare avanti lentamente, cercando di trovare collegamenti e unire i miei diversi ambiti d’interesse. Il mio lavoro si intreccia spesso anche con i miei interessi e i miei valori personali.
Inoltre, nelle mie azioni non mi sento e non sono mai da sola. Ho una vasta rete persone tra colleghe e amiche e amici con cui posso confrontarmi spesso e a cui chiedere anche aiuto.

Quali sono i tuoi modelli, a chi ti ispiri.

Un modello per me é una mia cara amica di nome Francoise Poveda. Lei non solo è stata per me una mentore preziosa, quando appena fresca di università ho iniziato a lavorare nel settore dell’integrazione scolastica, ma un esempio di determinazione, visioni anticonformiste e impegno instancabile nel settore sociale.
Con lei abbiamo portato la metodologia pedagogia dei genitori a Merano, che per lei é sempre stato un modo di fare politica dal basso e coinvolgere l’intera comunità educante. Francoise è una persona che non molla mai!

Qui al Museo delle Donne hai iniziato con il volontariato, mentre ora ci lavori…

Il Museo delle Donne ha sempre suscitato in me un fascino e una curiosità particolari. È un luogo in cui non solo si conservano ed espongono beni culturali, ma si produce cultura in modo attivo e propositivo.
Le prime volte che ho visitato il museo è stato per partecipare al salone letterario femminile tenuto da Gisela Landesberger.
Da quel momento, ho iniziato ad essere attivamente coinvolta in altre iniziative, soprattutto quelle in collaborazione tra il museo e l’urania quindi tra cultura, divulgazione museale, mondo della formazione e del sociale.
Ho anche avuto l’opportunità di curare traduzioni in italiano per il museo, un’esperienza che mi ha avvicinato a tematiche specifiche trattate in mostre monografiche.
Dopo alcuni anni, ho avuto l’onore di entrare a far parte del consiglio direttivo del museo.
Nel gennaio del 2022, sono diventata membro dello staff del personale del Museo.
A distanza di un anno e mezzo, posso dire che è un luogo magico, per il quale mi sento di ringraziare moltissimo te Sissi, del grande lavoro scientifico e di cura dell’accoglienza che hai fatto nel corso di tutti questi anni, come direttrice e ora come membro del direttivo.
Le persone che ci visitano trovano qui un pezzetto della propria storia e, molte volte, ci condividono i loro pezzetti di vita mentre se ne vanno, dicendoci: „Io c’ero all’epoca“, „Grazie, è come se aveste scritto la mia storia“, „Ora, leggendola così come l’avete scritta qui, ho capito cosa è successo“.

Che cosa è particolarmente importante per te in questo lavoro.

Nel mio lavoro attuale, così come è sempre stato, ritengo fondamentale la continua possibilità di imparare qualcosa di nuovo. Mi piace poi pensare che il nostro contributo possa trasformarsi in pillole di consapevolezza per gli altri.
Credo che il sapere, quando condiviso in modo significativo, possa aprire menti, stimolare riflessioni e promuovere un cambiamento reale.

Il tuo motto è?

Il lavoro educativo e culturale consiste prevalentemente nel seminare. Il raccolto, a volte compare come una magia a distanza anche di anni. A volte lo vedono solo altri. Ma è fondamentale crederci e perseverare.

Intervista di Sigrid Prader

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