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Il pennello e la spada: Le guerriere del Sol Levante

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Tanto tempo fa, quando gli uomini erano soliti rivolgere lo sguardo verso la volta celeste e le costellazioni, si era soliti pensare che il mondo circostante vivesse in funzione dell’essere umano in una visione assolutamente antropocentrica, ma con lo scorrere delle epoche e nel corso dell’evoluzione, questa visione fortemente egoistica del mondo e, soprattutto, della donna, inizia a cambiare.

Per migliaia di anni, gli uomini erano soliti pensare al sostentamento tramite la caccia e la pesca, ma con l’avvento della rivoluzione agricola le cose iniziano a diversificarsi; fu, infatti, proprio da quel momento che i gruppi umani iniziarono a definirsi e separarsi, conformandosi secondo criteri gerarchici ben definiti, nei quali l’aspetto culturale ha prodotto l’immagine di una donna sottomessa all’uomo in quanto culturalmente non adatta e fisicamente debole; in tal senso mascolinità e femminilità sono prodotti di società che tentano di legare indissolubilmente la cultura alla biologia, ma che ben presto verranno totalmente ribaltati.

Le donne, infatti, combattono e lo hanno sempre fatto non solo per procacciare il cibo, ma anche sui campi di battaglia durante l’infuriare di una guerra. La memoria di queste guerriere, però, è stata cancellata nei testi di storia ed è solo per merito della costanza di studiose e ricercatrici se oggi il loro ricordo può tornare a vivere grazie al ritrovamento di documenti storici di epoche ben più lontane di quelle che possiamo anche solo immaginare.

Pensiamo al Giappone dell’Epoca Antica e in particolare del Periodo Asuka (592 – 710 d.C.), in cui a governare era una donna, l’Imperatrice Suiko, che regnò fino al 628, divenendo una delle più importanti figure storiche di quel periodo. Pensiamo ancora al Periodo Nara (710 – 794 d.C.), durante il quale governò l’Imperatrice Koken, fervente buddhista, sotto il cui regno venne inaugurato il Grande Buddha di Nara, accogliendo nel Todaiji cinquemila monaci incaricati di recitare i sutra.

Sul suolo giapponese, tracce di importanti figure femminili si trovano a partire da tempi ben più antichi e si snodano lungo un arco temporale che ancora oggi vede il genere femminile come fondamentale, nonostante quelli che potremmo chiamare “secoli bui”, ovvero un periodo di tempo in cui anche a causa dell’entrata nell’arcipelago delle dottrine confuciane, il ruolo della donna venne ridefinito in negativo, portandola a divenire solo un oggetto di accompagnamento soggetto alla potenza e alla disistima maschile.

Per citare le parole di Rossella Marangoni,

il percorso delle donne attraverso la storia, in Giappone, è un lungo cammino impervio e la ricostruzione del contributo delle donne alle vicende storiche dell’arcipelago risulta difficile, lacunosa e spesso alimentata da contributi romanzeschi.

Il tema delle donne guerriere, quindi, non è privo di potenziali errori, anche se nessuno mette ormai più in dubbio l’esistenza delle ormai famose Onna Bugeisha, ovvero le guerriere samurai del Sol Levante, che fin dall’inizio dei tempi, passando dall’essere Dee a Sciamane fino a divenire Regine, hanno guidato con sapienza e maestria la terra in cui il mito si fonda e vive ancora nel quotidiano.

In questo articolo analizzeremo solo una di queste figure, forse la più famosa, cioè Tomoe Gozen, senza però dimenticare che anche in Giappone la presenza del femminile è importantissima e tocca in sostanza ogni ambito della società: dalla spiritualità, alla politica, alla cultura fino ai campi di battaglia.

Definita spesso come una guerriera esemplare, Tomoe Gozen e la sua stessa vita sono avvolte dal mistero e le fonti su di lei sono veramente scarse, anche se uno dei testi principali in cui si incontra il suo nome è il racconto epico che narra le vicende della guerra di Genpei, avvenuta tra il 1180 e il 1185, e che vide contrapposti i clan Minamoto e il clan Taira: mi sto riferendo allo Heike Monogatari.

Non sappiamo a quale famiglia appartenesse Tomoe, ma quello che possiamo dire è che Gozen è un appellativo che segue il nome e che si tratta di un titolo onorifico, attribuito normalmente alle donne di alto rango e il cui significato è “Colei che sta davanti”. Lo Heike Monogatari ricorda questa donna così:

Di una forza e di una abilità rare nell’arco, che fosse a cavallo oppure a piedi, la spada in mano, era una guerriera capace di affrontare Demoni e Dei e che sola valeva mille uomini. […] Aveva compiuto delle imprese così brillanti, che nessuno l’eguagliava. E fu così che ancora una volta, quando molti avevano battuto in ritirata […], Tomoe era fra i sette Samurai che non erano stati colpiti.

Se questa è l’immagine di Tomoe in battaglia, ecco l’ultima testimonianza che ci resta della sua vita:

Ah che venga un nemico degno di me! […] Giunse quindi alla testa di trenta cavalieri, Onda, un valoro reputato Samurai della provincia di Musashi. Tomoe si gettò in mezzo alla mischia, spinse il suo cavallo contro quello di Onda, lo urtò, lo rovesciò, lo immobilizzò tenendolo fermo contro il pomolo della propria sella, gli tagliò la testa e lo respinse. Dopodiché si tolse l’armatura e se ne andò verso le provincie orientali.

Non sappiamo altro di questa grande guerriera. La sua figura eroica e tragica, tuttavia, ha dato vita a numerose leggende, una delle quali la vede ritirarsi a vita monastica, mentre secondo altre si sarebbe suicidata dopo avere vagato in preda alla pazzia per tutto l’impero.

Sebbene la sua sorte rimane ancora oggi avvolta dal mistero, Tomoe ebbe il merito di diventare ben presto protagonista umanissima di opere teatrali e letterarie, stagliandosi contro un panorama storico che ha permesso di riabilitare e studiare il ruolo che le donne ricoprirono durante le grandi guerre; è infatti noto che nel XIII secolo le funzioni di guardia erano svolte proprio da Onna Bugeisha, così come sono ormai note le strategie di attacco che vedevano le donne combattere a cavallo nel corpo militare delle nyoki, una sorta di “Cavalleria Femminile”.

Da figure in carne e ossa a esseri divini, altre donne sono state tra le protagoniste e protettrici dei Samurai e delle Onna Bugeisha: all’apice del pantheon shintoista giapponese abbiamo, infatti Amaterasu, cioè la Dea del Sole, tra le cui capacità troviamo quella di assumere sembianze guerriere, mentre nella sfera buddhista abbiamo Marishiten, figura guerriera venerata dalle scuole Zen.

Di un’altra grande donna del Sol Levante si parla in casa Formamentis. Da settembre la terra del sole nascente tornerà a essere protagonista tra mito e leggenda.

Donne, donne, donne e ancora donne, il cui ruolo, finalmente, sta tornando quello dell’antico splendore, anche se si rende necessario continuare a combattere per cogliere quegli elementi che ci distinguono e che ci rendono simili agli uomini e all’intero creato; guardando e riscoprendo la storia, soprattutto quella delle grandi guerriere, potremo tornare a osservare la volta celeste delle origini, più forti e meno smarrite, consapevoli del profondo desiderio di imparare e scegliere per cosa lottare insieme: la costruzione di un mondo giusto che tuteli tutte noi indistintamente.

 

Raccomandazioni per saperne di più:

Ambros, Barbara R. “Women in Japanese Religions” NY University Press 2015

Bernstein, Gail Lee “Recreating Japanese Women 1600 – 1945” California University Press 1991

 

Rosanna Carne

Rossana Carne è laureata in Lingue Orientali e Scienze Internazionali all’Università degli Studi di Torino. Classe 1987, fin dall’inizio del suo percorso universitario ha voluto concentrare i propri sforzi e le proprie energie alla stesura di una tesi dedicata ai crimini di guerra, partendo dalla tragica vicenda dell’Unità 731 per poi passare alla situazione siriana.

Rossanna Carne

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