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Le voci delle donne, di tutti i tempi, meritano di essere considerate!

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La donna del mese di maggio è Antonella Triburzi, professoressa di didattica della Storia e della Storia della Shoah presso la Libera Università di Bressanone, in questa intervista ci racconta da dove nasce la sua passione per la storia e per la storia delle donne, spesso dimenticate dalla ricerca e la scrittura, alle quale si dedica anche nel suo tempo libero.

Antonella da dove vieni e cosa ti ha portato in Alto Adige? Come ti trovi in questo territorio autonomo e bilingue?

Sono originaria di Roma e sono venuta in Alto Adige inizialmente per stare con Pietro (mio marito) ma poi mi sono innamorata anche della bellezza del luogo. Adesso vivo a Parcines, all’inizio della Val Venosta ma prima vivevamo a Merano. Mi trovo benissimo in entrambi i posti. Il territorio bilingue è stata una scoperta continua ed è ancora adesso molto affascinante. Io ho studiato germanistica all’università a Roma e l’Alto Adige ha sempre rappresentato un luogo (storico) di grande interesse per tutta l’eccezionalità della sua storia.

Ti conosciamo come una persona che si impegna tantissimo e mette il cuore nell’insegnamento e nello studio e la divulgazione della storia della Shoah.
Da dove nasce la motivazione di rendere visibile questa parte della storia alla quale ti dedichi già da tanti anni anche fuori dall’insegnamento?

Ho cominciato ad appassionarmi alla storia grazie ai racconti di mia nonna materna, che era nata nel 1908 e aveva vissuto gli eventi più importanti della storia in Italia: il terremoto del 1914, la Grande guerra, naturalmente la tragicità del secondo conflitto mondiale e anche del durissimo e difficilissimo lavoro di ricostruzione familiare e collettiva nel dopoguerra. Lei aveva preferito raccontare tutto a me, che ero la nipote più piccola, e dunque io mi sentivo depositaria di una storia, seppur dolorosa, ma importante e necessaria da conoscere, da conservare e da narrare nello stesso tempo….
Ritengo che la storia della Shoah sia uno strumento essenziale alla formazione, culturale e personale, di ogni persona. Mi impegno affinché ognuno riesca, almeno un po‘, ad interessarsi a questo argomento. Ancora adesso resto, negativamente molto sorpresa, quando incontro persone, giovani e non, che non conoscono questo evento. Ecco perché il mio impegno è costante e diffuso. Del resto non vorrei che la Generazione “Z” continuasse a vivere in una società che non ha (vuole) ancora fatto i conti con il proprio passato.

Sei specializzata in Didattica nella Storia della Shoah e fai progetti scolastici. Quanto può ancora interessare ai giovani questa parte di storia e come cerchi di coinvolgerli?

Coinvolgere i giovani su questo argomento è molto difficile perché loro sentono questo evento esattamente come noi sentivamo la storia delle guerre puniche… ovvero molto lontane. Ma grazie ad un lavoro di attenta formazione, nel corso del tempo, ho incontrato molti giovani studenti, soprattutto giovani donne, che invece si stanno interessando a questo argomento e vogliono imparare e conoscerne la storia, ma vogliono soprattutto avere gli strumenti didattici per poterla poi insegnare, divulgare e trasmettere. Sono partita essenzialmente dalle loro storie familiari e questo ha fatto in modo di veicolare il loro interesse. Hanno scoperto tante vicende personali che non conoscevano e hanno trovato a casa propria, documenti, a volte anche sconcertanti, ma importanti per la ricostruzione della storia. Questo passaggio dalla micro storia di casa alla macro storia europea è stato per loro un traguardo fondamentale.

Ti vedo come una donna molto tenace e coraggiosa e piena di nuove idee. Cosa ti da tanta forza e come si relaziona con la tua vita?

Sono piena di idee per natura, e aver studiato la storia del passato, mi ha sempre dato un forte stimolo per guardare sempre avanti con ottimismo e energia. Ritengo essenziale voler essere una figura attiva e propositiva nella società in cui vivo. Come tutte le persone, ho anche io momenti difficili ma nel complesso cerco di essere sempre aperta e in armonia e sintonia con il mondo che mi circonda.

Inoltre ti si vede come una persona positiva, nonostante le ricerche su argomenti difficili. Ti vedi come una persona che può vivere anche le bellezze della vita?

Assolutamente sì. Anzi ritengo che aver studiato e conosciuto cosa può fare l’essere umano contro altri esseri umani, mi abbia insegnato ad essere una donna piena di umanità e ad apprezzare tutti i momenti della vita, quelli difficili e quelli belli e entusiasmanti. Quando andavo a scuola, mio padre mi portava in giro per Roma per farmi conoscere il patrimonio artistico, architettonico e urbanistico della città pertanto amo moltissimo l’arte e la natura e apprezzo i meravigliosi paesaggi altoatesini.

La storia delle donne è per tè importante e cerchi di dare risalto alle storie delle donne. Quanto è importante per parlare di tematiche femminili?

Ritengo che sia estremamente importante anche perché si tratta di storie altamente significative ma che sono state escluse, anche dalla storiografia, per troppo tempo. Le voci delle donne, di tutti i tempi, meritano di essere considerate come elementi fondanti della storia di ogni nazione. In particolare in Italia, le donne sono state collocate sempre ai margini della storia del ‘900 anche se la loro presenza nella società era esattamente importante come quella degli uomini. Basti pensare a come sono state trattate le donne che ritornavano dai lager. Sono state oggetto di giudizio e pre-giudizio propriamente di genere. Alla fine sono state ridotte al silenzio ma alcune di loro hanno comunque deciso di parlare e scrivere la loro testimonianza. Penso che non sia mai abbastanza parlare e studiare la storia di genere.

Sei anche una ricercatrice che pubblica. Come affronti questo tipo di lavoro assai impegnativo?

Il tempo che dedico alla ricerca e alla scrittura è molto impegnativo ma molto importante per me. Cerco di destinargli parte del mio tempo libero a casa ma anche quando sono in treno, nelle sale d’attesa e ovunque mi senta ispirata a pensare a ciò che vorrei inserire nel libro.

C’è un motto che hai fatto tuo negli ultimi anni?

Attraverso la conoscenza della storia, cercare di svegliare le coscienze delle persone, assopite dalle politiche populiste e sovraniste.

Antonella Tiburzi con Ib Katznelson superstite danese a Ravensbrück

C’è qualcuno che ammiri in particolare?

Ammiro tutte le persone che si pre-occupano degli altri in senso pratico e concreto come coloro i quali si adoperano per salvare le vite dei migranti. Un tema che ho profondamente radicato nel mio essere.

La tua massima di vita?

Ad aspera ad astra…ovvero una frase che usavano i latini da cui si impara che attraverso le asperità, i momenti difficili della vita, si può arrivare alle stelle, ovvero in alto….

Antonella Triburzi nei suoi viaggi

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