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Tra quote rosa, carriera e famiglia, che cosa significa per una donna, oggi,  fare impresa e godersi il meritato successo.

Un approfondimento sull’imprenditoria femminile in Italia e nel nostro piccolo Alto Adige alla scoperta di numeri incoraggianti all’interno di una cornice sociale e culturale che cerca lentamente  di svecchiarsi.

L’imprenditoria femminile in Italia gode di buona salute e le cifre lo dimostrano: un milione e 300mila attività economiche nel 2017, trentamila rispetto al 2016, concentrate maggiormente nei settori del turismo, dei servizi e delle attività professionali.

Ma esiste anche il rovescio della medaglia; sebbene le donne rappresentino la metà della forza mondiale, producono un PIL ancora troppo basso. Se riusciremo a restringere il gender gap entro il 2025, il valore del PIL aumenterebbe in maniera esponenziale, apportando benefici a tutta la collettività.


Alcuni studi sulla gender diversity dimostrano che le donne in azienda fanno registrare migliori prestazioni

La questione dell’imprenditoria femminile in Italia e nel mondo non può essere  ricondotta a fattori solamente economici, infatti è collegata anche ad aspetti di tipo culturale. Lo afferma Chiara Cecutti autrice del libro “Quando il manager è donna. Come far carriera senza trasformarsi in un uomo“; la sfera emotiva e delle relazioni che la donna riesce coltivare, migliora il cosiddetto welfare aziendale, aumentando dunque l’efficienza e il successo dell’impresa.

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Wenn Frauen sich zusammen tun, entsteht Power – und wenn sie zusammen bleiben, eine Powergruppe. 12 Frauen in einem ESF-Kurs, der nicht ihren Erwartungen entsprach und gleichzeitige ihre Erwartungen übertraf. Und was daraus entsteht. Hier die Geschichte…

 

Im November 2017 hat er begonnen und im Juli 2018 ging er offiziell zu Ende: Der Esf-Kurs (Europäischer Sozialfond) mit dem klingenden Namen „Managerin sozialer Innovationen“ explizit für Frauen, von hier oder immigriert. Voraussetzungen waren, dass sie ohne bezahlte Arbeit waren und dabei waren, sich neu zu orientieren.

Dieser Lehrgang richtet sich an Frauen welche ihre sozialen Projektmanagement- und Beratungskompetenzen erlernen und im Bereich des friedlichen Zusammenlebens der Kulturen auf kommunaler Ebene Integrations- und Kulturentwicklungskonzepte entwickeln, begleiten, implementieren und evaluieren.

12 Frauen – unterschiedlich in Herkunft, Charakter, familiäre Situation uvm. – hat diese Ausschreibung angesprochen. Dahinter steht laut Ruth Gschleier und Manfred Andergassen vom Vival Institute, dass „kulturelle Vielfalt und Integration von Bürgern mit Migrationshintergrund zentrale Herausforderungen sind, vor denen die Gesellschaft in nächster Zeit steht“ und von denen niemand unberührt bleiben wird.

Konflikte, Missverständnisse und negative Fremdbilder bestimmen nicht selten den Umgang zwischen den Kulturen. Erforderlich sind daher systematische Prozesse und Prozessbegleitungen, die den interkulturellen Dialog fördern und verbindliche Vereinbarungen ermöglichen und die der Gemeinschaft dadurch zugutekommen.