“La storia di una donna, Leonida, determinata, emancipata che, nel dopoguerra, ha svolto la sua professione di artigiana pellicciaia, contribuendo in modo determinante allo sviluppo economico e sociale della sua famiglia e non solo. Ha saputo integrarsi in un territorio di confine e raccogliere la stima per la sua persona e la sua elevata professionalità. La creazione di pellicce artigianali è un’arte difficile e molto impegnativa che ormai si è persa nel tempo. Spero che questa testimonianza, frutto di ricordi (con la possibilità di qualche errore), possa mantenere la memoria storica.”
Ivano Artuso, il figlio con il contributo del cugino Valerio Greghi
La vicenda di Leonida Silvestrini in Artuso si intreccia con il passato della città, in un’epoca in cui il mestiere della pellicciaia rappresentava un’arte raffinata e complessa, oggi quasi completamente scomparsa.
Gli inizi di una giovane determinata
Nata il 28 gennaio 1927 a Ponte San Nicolò, vicino a Padova, Leonida si trasferì con la famiglia a Merano durante la Seconda Guerra Mondiale. Maggiore di sei fratelli, si distinse fin da giovanissima per il suo spirito intraprendente e il forte senso di responsabilità. Ancora bambina e piccola di statura, iniziò a lavorare in una lavanderia, piegando lenzuola per i soldati grazie usando uno sgabello che le permetteva di raggiungere il piano di lavoro.
La guerra portò difficoltà e paure, ma non piegò il carattere della giovane Leonida, che ricordava le incursioni aeree e l’oscuramento delle finestre come parte della sua quotidianità. Dopo le elementari, frequentò la scuola di avviamento industriale, ponendo le basi per il futuro mestiere che avrebbe segnato la sua vita.
Dall’apprendistato al sogno imprenditoriale
A soli 14 anni, Leonida iniziò un apprendistato presso la prestigiosa pellicceria Scharer, situata lungo la passeggiata del Passirio. Qui, la sua abilità e la sua passione per il mestiere emersero subito. La pellicceria era frequentata da una clientela facoltosa proveniente da tutta Europa, e Leonida si occupava anche di consegnare le pellicce nelle ville e negli hotel di Maia Alta. Fu un’esperienza che non solo affinò le sue competenze artigianali, ma le permise anche di sviluppare un rapporto unico con le clienti, guadagnandosi stima e fiducia.
Quando la pellicceria Scharer chiuse i battenti, Leonida non si arrese. Con una visione chiara del suo futuro, acquistò le attrezzature del laboratorio e iniziò a lavorare da casa, diventando l’unica pellicciaia artigiana di Merano. Questo segno di intraprendenza fu solo il primo di una lunga serie di successi.
La crescita di un’attività e il riconoscimento del talento
Negli anni ’50, Leonida si trasferì a Marlengo dopo il matrimonio con Secondo Artuso, ferroviere, e continuò a lavorare instancabilmente nella sua attività. Con la nascita del figlio Ivano e il successivo trasferisce di nuovo questa volta in Via Monastero a Merano, aprì un laboratorio annesso alla sua abitazione in via Monastero con una saletta per le prove delle clienti, dove creava capi unici e di alta qualità. Oltre ai quali, confeziona anche giacconi foderati di pelliccia d’agnello, destinati agli operai che lavoravano nelle celle frigorifere dei magazzini delle mele. L’amata sorella Diana la supporterà e collaborerà per molti anni nei momenti di grande intensità lavorativa.
La svolta arrivò con la sua partecipazione agli eventi di moda organizzati dall’Associazione Artigiani della Provincia, come le sfilate “Autunno d’Oro” al Kursaal. Qui, Leonida si distinse per la sua creatività, presentando non solo pellicce pregiate, ma anche modelli innovativi, come completi per il pattinaggio su ghiaccio e coperte per letti rotondi. La sua capacità di reinventarsi e di rispondere alle richieste del mercato la consacrò come un’artigiana di talento riconosciuta ben oltre i confini della città. L’amata sorella Diana la supporterà e collaborerà per molti anni nei momenti di grande intensità lavorativa.

Le sue pellicce portano tutte l’etichetta della sua azienda il “logo” che è formato dalla scritta “Pellicceria Artuso”, opera del nipote Greghi Valerio con il disegno stilizzato di un visone.
La sfida del cambiamento
Con l’evolversi dei tempi, la percezione delle pellicce cambiò radicalmente. L’arrivo delle alternative sintetiche e una crescente sensibilità verso il benessere animale segnarono un declino per il settore. Leonida, tuttavia, affrontò queste difficoltà con lo stesso spirito combattivo che aveva caratterizzato tutta la sua vita.
Negli anni ‘70 apre un negozio-laboratorio in via Garibaldi (nell’ex edificio dell’Eurotel, sopra l’ampia scalinata) e poi negli anni ’80, un nuovo laboratorio in via Postgranz, continuando a lavorare con passione fino alla metà degli anni ’90. La dedizione al suo mestiere e il rapporto con le sue clienti rimasero sempre al centro della sua attività, testimoniando la sua capacità di adattarsi alle sfide con tenacia. La maggior parte dell’anno Leonilda lavora tutto il giorno, nei periodi di massima intensità, anche fino a mezzanotte. Il lavoro artigianale è lento, creativo e non standardizzabile.

Un’eredità di resilienza e passione
Leonida Silvestrin non è stata solo una maestra artigiana, ma anche un simbolo di resilienza e di emancipazione femminile in un’epoca in cui per una donna era tutt’altro che scontato affermarsi in ambito professionale.
La sua storia, raccontata con amore dal figlio Ivano, ci parla di creatività, dedizione e capacità di superare gli ostacoli.
Oggi, il ricordo del suo lavoro vive attraverso le fotografie, gli attrezzi e i ricordi che Ivano conserva con cura. La figura di Leonida rimane un esempio di intraprendenza e professionalità, un modello che Merano può essere orgogliosa di annoverare tra le sue storie più belle.