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Storie su aborto e sessualità – La storia di Renata

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Statisticamente, una donna abortisce in media una volta nella propria vita. Ciò significa che l’aborto è un’esperienza femminile comune. Tuttavia, le esperienze personali di aborto sono raramente raccontate. Il Museo delle Donne della Norvegia ha collezionato storie personali di donne e di alcuni uomini da tutto il mondo nella mostra internazionale online „SHHH! Storie di aborto e sessualità“. Qui vogliamo presentarvi in una serie di tre articoli le tre storie dall’Italia e invitarvi a visitare la mostra virtuale: Startpage – Shhh (shhh-stories.com).

 

Renata

Renata è italiana. Racconta del suo aborto avvenuto nel 1990. Aveva allora 22 anni e ancora ci pensa.

© Women’s Museum Norway

La storia di Renata

Ho avuto un aborto. All’epoca avevo 22 anni e un figlio di appena un anno.

Era un momento difficile per me, perché volevo rompere con suo padre, che era violento. Non vedevo altra via d’uscita che l’aborto. Non avrei saputo come nutrire e crescere mio figlio piccolo e un neonato.

Trovai finalmente la forza di separarmi dal mio compagno. Un giorno, tornò a casa in stato confusionale e cercò di picchiarmi, mio figlio si svegliò. Fuggii di notte, con indosso solo una maglietta e le ciabatte, con mio figlio in braccio. Corsi in un altro quartiere, chiamai mio padre da un telefono pubblico e gli chiesi di venirmi a prendere. Quella notte non sapevo di essere di nuovo incinta.

I miei genitori seppero che ero incinta, ma non si offrirono di aiutarmi economicamente, nel caso in cui avessi voluto tenere il bambino. Odiavano il padre. Durante l’infanzia avevo subito abusi da parte della mia famiglia e non mi fidavo quindi molto dei miei genitori. Volevo solo un po’ di aiuto da parte loro. Non volevo vivere con loro troppo a lungo, ma volevo iniziare il prima possibile una mia vita con mio figlio.

Con l’aiuto della mia psicologa mi sono registrata all’ospedale e l’aborto con anestesia è stato eseguito di lunedì, il giorno in cui si praticavano gli aborti in quell’ospedale. Per me era importante non essere sola e ho chiesto alla mia psicologa di accompagnarmi in ospedale. Sebbene i miei genitori dopo averlo scoperto, avessero detto di volermi stare vicino, io non accettai il loro aiuto.

Quello che nessuno sapeva, nemmeno il mio psicologo, era che ero quasi certa di essere rimasta incinta in una notte in cui il mio compagno tossicodipendente e alcolista era tornato a casa con uno dei suoi amici ed entrambi avevano abusato di me sessualmente. Non sapevo chi dei due uomini mi avesse messo incinta.

Ho un rapporto molto ambiguo con l’aborto. Non sono una sostenitrice assoluta, perché ho sperimentato personalmente che non è una cosa facile da affrontare.

Non mi interessa il momento in cui un feto viene definito vivo o meno, per me un’anima ha scelto di venire da me e al mondo. Non permettere attivamente questo percorso, ha cambiato qualcosa in me e in molte donne con cui ho parlato.

Gli oppositori dell’aborto hanno per lo più motivazioni religiose e guardano solo alla vita del nascituro, non alla situazione di vita della donna. A quale donna piace abortire? Per molte è spesso l’unica via d’uscita che riescono a vedere. Che cosa ci dice questo sulla nostra società?

Io voglio una società in cui l’aborto non sia necessario, in modo che le donne possano svolgere il loro ruolo di madri e in cui i bambini siano desiderati – una società in cui l’adozione possa essere fatta in modo umano e semplice (nel proprio paese) e in cui ci siano soluzioni che si prendano cura sia delle donne sia dei bambini che verranno.

Ho scritto a mia figlia – sapevo che sarebbe stata una femmina e l’ho chiamata Yasmin – una pila di lettere. In queste lettere ho vissuto il mio dolore per non averla potuta accogliere in questo mondo, perché non ero in grado di piangere quando è successo. Ero insensibile, troppo traumatizzata dalle esperienze della mia infanzia e dalla convivenza con un uomo violento.

Nelle lettere le avevo promesso che se la situazione fosse migliorata, sarebbe potuta tornare da me, ma purtroppo non è successo. Per me, il prezzo che ho dovuto pagare è che non ho figlie.

Anni dopo, in occasione di una riunione di famiglia, ho pianto tutte le lacrime che non riuscivo a versare per la perdita di mia figlia, insieme a mio figlio, che era presente e aveva capito per la prima volta di avere una sorella.

Sarebbe bello per noi donne poter dire addio ai nostri figli abortiti a modo nostro. Ancora oggi non so che fine facciano i feti abortiti in questo ospedale perché non ci sono informazioni chiare.

 

Il 22 ottobre 2022 si è svolta a Merano la conferenza „Diritto all’aborto – dobbiamo parlarne“ con l’obiettivo di favorire uno scambio congiunto tra il pubblico e i diversi professionisti. La conferenza ha riscosso grande interesse, ha avanzato proposte concrete per migliorare la situazione attuale ed è stato espresso il desiderio di organizzare eventi successivi su questo tema. Qui potete trovare informazioni sui risultati della conferenza: Resoconto conferenza sul diritto all´aborto (ichfrau.com)

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